Ho ritirato fuori dal cassetto questo vecchio articolo scritto diverso tempo fa, ma inspiegabilmente mai pubblicato...adesso è vostro
(Francesca)
Ad aprile 2019 realizziamo uno dei nostri sogni. Voliamo in Turchia alla scoperta di una terra che da sempre ci affascina; la Cappadocia.
In Italia è già arrivata la primavera, atterrati all’aeroporto di Kayseri ci rendiamo subito conto che qui invece l’inverno sembra non essere ancora finito.
Con un’oretta di macchina arriviamo a Uçhisar, dove pernotteremo per i prossimi giorni.
L’aria è gelida, la sera prima ha nevicato e le strade e i tetti sono ancora imbiancati.
Decidiamo di noleggiare una macchina, una Renault bianca, con la quale partiamo alla scoperta di questa terra magica e selvaggia.
La Cappadocia è uno di quei luoghi in cui la natura sprigiona tutta la sua forza e grandezza, una di quelle terre in cui si viene immediatamente ed inspiegabilmente avvolti da una strana energia.
Milioni di anni fa l’eruzione di due vulcani oggi spenti, l’Hasan e l’Ercives, ricoprì di ceneri e spessi strati di tufo l’intera zona. Con il tempo l’azione erosiva di venti e piogge ha dato vita a formazioni rocciose davvero bizzarre simili a dei funghi o a degli ombrelli, o per i più maliziosi anche a dei falli, ma per tutti sono i famosi “camini delle fate”, che noi ammiriamo per la prima volta nella Love Valley.
Già il nome rimanda a qualcosa di fiabesco e di magico. Si narra infatti che questi camini siano stati un tempo i comignoli delle case abitate da creature fatate.
Ma se questa rimane una leggenda, alla quale crederci o meno, la storia ci dice che queste formazioni rocciose, essendo di tufo e quindi facilmente scavabili, siano state abitate da numerosi popoli fin dall’antichità.
Come testimonia il villaggio troglodita di Cavusin, con il suo castello arroccato su una falesia e che preserva al suo interno una chiesa bizantina del VI secolo, la chiesa di San Giovanni Battista.
Da qui inizia il nostro trekking alla scoperta della Rose e Red Valley. Ci accompagna Memeth, un uomo del posto che qui conoscono davvero tutti e che con passione ci guida per queste spettacolari vallate.
Ci troviamo immersi in poco tempo in un paesaggio lunare, con sfumature di colore che vanno dal rosa al rosso al bianco e che ci danno la percezione di trovarci in un luogo davvero magico.
Talmente magico che nella Valle di Devrent o anche detta dell’immaginazione, può capitare di vedere queste rocce che assumono addirittura le sembianze di animali, come quella di un cammello.
In serata ci godiamo una cena a base di piatti tipici turchi all’interno di un ristorante scavato in una grotta, mentre assistiamo, con occhi rapiti, ad uno spettacolo di balli folkloristici.
“No ti prego non dirmi che è già l’ora di alzarsi!”
Sono le 4.30 di mattina e la sveglia è appena suonata, sto morendo dal sonno, ma poco dopo realizzo che questa levataccia è per una buona causa.
Ci vestiamo in fretta e usciamo dalla nostra stanza, anche questa scavata nella roccia.
Siamo gli unici ad essere già svegli, mancano pochi minuti all’alba e fuori fa freddo.
Saliamo sopra ad un tetto di una struttura in pietra, forse un Hotel, posizioniamo il cavalletto della macchina fotografica ed aspettiamo.
Il sole sta nascendo e una luce bellissima invade il cielo, decine e decine di coloratissime mongolfiere si stanno alzando in aria pronte a sorvolare sopra la cittadina di Göreme.
Spinte dalle correnti dei venti, lentamente, si alzano e si abbassano, come se fossero sincronizzate.
Una delle immagini più romantiche e magiche di sempre.
Peccato non esserci anche noi là sopra penso.
Avremmo dovuto volare anche noi il giorno precedente ma le condizioni atmosferiche non erano ideali e purtroppo non abbiamo poi ritrovato posto per i giorni seguenti.
Non ci resta quindi che ammirarle così.
“Forza ragazzi mettiamoci in marcia, abbiamo un po' di km da fare e Mustafa ci starà già aspettando”
Accompagnati dalla nostra guida Mustafa ci addentriamo tra gli stretti cunicoli e passaggi impervi della città sotterranea di Kaymakli, una delle più grandi e famose di tutta la Cappadocia.
A mano a mano che si scende di livello l’aria si fa sempre più pesante e l’ambiente diventa quasi claustrofobico.
Incredibile pensare che qui un tempo vivevano donne, uomini, bambini e animali, che si nascondevano e riparavano durante i periodi d’assedio che potevano durare anche diversi mesi o anni.
Proseguiamo verso la Valle di Soğanlı, una zona remota, fuori dai normali circuiti di massa dove il tempo sembra davvero essersi fermato, e l’agricoltura e la pastorizia rappresentano ancora le attività principali dei suoi abitanti.
Lungo la strada vediamo delle signore che vendono bambole di pezza, tipiche di questo posto.
Una di queste signore ci accoglie con il suo fedele cagnolino che da qui in poi non ci mollerà più.
Ci mostra le nostre camere, che sono praticamente delle grotte con i letti completamente scavati nella roccia.
All’interno c’è umido, talmente umido che i materassi e le coperte sono completamente bagnati. Al centro della stanza una piccola stufa a legna, che spero tanto basterà a riscaldarci durante la notte.
Con il nostro nuovo amico a quattro zampe iniziamo ad esplorare la valle.
Ripide falesie di basalto si innalzano intorno a noi, si respira un’aria di pace e tranquillità, è una zona non battuta dal turismo e che quindi ha mantenuto tutta la sua autenticità.
Durante il percorso ci imbattiamo in numerose chiese rupestri ancora ben conservate, e anche in numerose piccionaie ricavate da templi religiosi abbandonati.
Alla fine del percorso ci fermiamo nel Giardino di Ismaele, un gentile signore che ci accoglie con un buonissimo e caldo te turco. Rifocillati e riscaldati ci rimettiamo in strada per far ritorno alle nostre camere e prepararci alla cena.
“buongiorno ragazzi allora come è andata stanotte?!” domanda Matteo mentre stiamo facendo colazione con gli avanzi della cena.
“insomma… io non ho praticamente chiuso occhio” borbotto un po' sconsolata e ancora addormentata, mentre cerco di capire cosa potrei mangiare.
“che lagna che sei Franci, la solita lamentona” mi prende in giro mia sorella.
“sicuramente a te è toccata la camera migliore” ribatto io stizzita.
La notte in grotta è stata sicuramente un’esperienza, ma ho passato la maggior parte del tempo a cercare, invano, di asciugare il materasso con il phon, e la stufetta a legna, come avevo previsto, non è stata sufficiente a riscaldare la stanza.
Mentre sta per iniziare un battibecco tra noi due, veniamo interrotte dal saggio e mediatore Iacopo;
“Io invece sono stato bene, in fondo anche queste esperienze fanno parte del viaggio, soprattutto quando ci si trova in posti coì remoti e selvaggi, e comunque adesso basta bisticciare che dobbiamo già ripartire altrimenti facciamo tardi”
Anche la cittadina di Orthaisar è autentica e remota, dista circa un’oretta di macchina da Soganli, e prende il nome dal suo imponente castello che svetta sulla città, con la sua forma a nido d’ape.
Anche qui sembra di tornare indietro nel tempo, con le sue strade acciottolate, i carretti di legno trainati dagli asini e la miriade di case scavate nel tufo, Orthaisar ci appare come la Matera della Turchia.
Abbiamo appena il tempo di scattare un paio di foto che dobbiamo già ripartire per quella che sarà la nostra ultima tappa, assistere alla danza dei dervisci rotanti all’interno dello scenografico Caravanserraglio di Sahiran.
Fatichiamo un po' per trovarlo e ci perdiamo un paio di volte per strade isolate e sterrate, ma alla fine riusciamo ad arrivare in tempo per la funzione.
Un’ antica cerimonia islamica, dove i celebri danzatori con i loro abiti tradizionali e accompagnati da una musica mistica, danzano, roteando in uno stato di quasi ipnosi mossi dal desiderio di trovare Dio e la propria salvezza.
Noi rimaniamo in silenzio rapiti e quasi ipnotizzati da questa danza così profonda e spirituale.
La sveglia suona per l’ultima volta all’alba. Prima di partire vogliamo goderci ancora lo spettacolo delle mongolfiere che volano in cielo.
Troviamo un punto panoramico nella Valle di Goreme e ci godiamo lo spettacolo.
Iacopo mi propone di fare una foto.
“chiudi gli occhi” mi dice.
Li chiudo e penso ma che cavolo di foto vuole fare
Così li riapro subito ma non faccio a tempo ad aprire bocca che lo vedo in ginocchio con gli occhi lucidi ed in mano una scatolina mentre con voce tremante mi chiede;
“mi vuoi sposare?!”
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